L’identità è il quarto archetipo della persona ed è l’essenza di quello che lo ha preceduto: innanzitutto è lo specchio dell’immagine che di lei possiede sua madre (lo abbiamo approfondito nella PULSIONE VITALE), poi della visione di sua madre e suo padre insieme come genitori (lo abbiamo osservato nell’ENERGIA VITALE) ed della rappresentazione del compito che di lei ha suo padre (lo abbiamo esaminato nell’Origine come PROGETTO SENSO).
L’identità si palesa nella sua interezza, nell’osservare come tutto questo è stato percepito, vissuto e soprattutto “contato” (come sequenza temporale di istanti) così da trasformarsi nella coscienza di sé. Si tratta di una formazione in divenire che contempla sia il Tempo Madre (il karma immodificabile del materno), sia anche il Tempo Presente (la possibilità della varianza nell’intenzione paterna).
Nel percorso cronogenetico, quando la persona risolve la maggior parte delle emozioni e delle decisioni limitanti con una causa radice vissuta da lui stesso, senza rimandare al vissuto della propria madre o dei propri antenati, significa che il suo tema principale riguarda l’Identità e precisamente la domanda: “Qual è il mio posto nel mondo?” il che equivale a chiedersi “In che rapporto sono con mio padre?”
E’ nell’identità che ciascuno di noi può cominciare a concepire ed attuare il progetto senso che il padre aveva per noi, compito che ci libera dalla protezione eterna di nostra madre e ci mette in comunicazione con la comunità che circonda la nostra famiglia. Il padre potrebbe essere estremamente misericordioso, o semplicemente inarrivabile, oppure completamente assente e così l’Ego del figlio si strutturerà in modi e forme completamente diversi. Fino ad arrivare all’estremo, quando un soggetto comincia a pensare di vivere come se suo padre non fosse mai esistito, così da diventare il padre di se stesso e il suo Ego si colloca al di fuori di qualsiasi eredità.
L’Identità di una persona riguarda in misura prioritaria la sua relazione con il paterno, perché è il padre che lo conduce nella vita comunitaria e lo iscrive a scuola. E‘ il padre che fa dono al figlio del suo marchio sociale che è il cognome, cioè l’appellativo della stirpe, con il quale verrà riconosciuto ed accettato a livello sociale. E’ grazie al padre che il soggetto viene inserito nel mondo. Dunque è assolutamente rilevante, per l’identità della persona, conoscere come il padre lo ha valutato nella sua infanzia e giovinezza. E’ il pensiero del padre su quel figlio che crea il suo Ego, anche se deve essere comunque avvalorato e accettato dalla madre.
L’identità si attiva dunque nel sesto/settimo anno di vita, nel preciso momento in cui il bambino entra nella dimensione sociale, con uno stacco netto dal tempo vissuto fino allora in famiglia. Sarà proprio l’interazione con gli altri bambini nel suo primo impatto scolare a determinare quello che sarà il suo “incedere” nel mondo, il suo percepirsi soggetto di un cammino.
Quello che è importante andare a vedere sono i primi tre/quattro mesi di scuola, quelli che vanno dall’inizio della prima elementare fino a Natale, quando il bambino avrà imparato a leggere e a scrivere: sarà decisivo quello che è accaduto in quel breve lasso di tempo.
Il bambino, la bambina è riuscita/o a farsi degli amici? E’ andata/o volentieri a scuola? E’ timida/o? Ha fatto fatica a leggere e a scrivere? Si è isolata rispetto agli altri o non vedeva l’ora di tornare dai suoi nuovi amichetti? Da quei primi atteggiamenti si è determinata la sua autocoscienza successiva. Non si tratta tanto della semplice bravura scolastica, ma proprio di come la bambino o il bambino ha intessuto le sue prime relazioni sociali in un luogo in cui tutti erano pari, alle prime armi e con le stesse difficoltà. Anche se la maestra ha potuto creare dei problemi oggettivi, questi non hanno minimamente inciso la sua identità, quanto invece l’interrelazione che è stata strutturata con gli altri suoi compagni.
L’identità emerge dal tipo di rapporti che da bambini siamo stati in grado di concretizzare, di condividere e di vivere. Come ti sentivi allora, riesci a portare la tua memoria fin là? Come ti sei espressa/o? Non c’erano lì né tuo padre, né tua madre e per la prima volta ti sei scoperto un essere cosciente e autonomo, è stato il primo momento dove nessuno ti diceva cosa dovevi fare. E’ lì che hai provato per la prima volta a inventarti le tue relazioni.
L’identità è un archetipo connesso con la misericordia e la clemenza (questa è la Sephiroth di Hesed), perché è la prima volta che la bambina o il bambino possono usare misericordia nei confronti degli altri bambini e attivare la clemenza nel valutare gli errori che tutti fanno in quella nuova situazione. Si sta ritrovando in un luogo in cui non si conoscono le regole, che appaiono molto diverse da quelle seguite a casa, e nessuno degli altri bambini è avvantaggiato rispetto agli altri, poiché nessuno possiede la chiave comportamentale di questa nuova esperienza. Tutti insieme quei bimbi creeranno una mente di gruppo che crescerà rapidamente e si evolverà fino a spingere ciascuno verso l’obiettivo comune, quello di imparare a leggere e a scrivere prima delle feste di Natale. In quelle poche settimane, chi resta indietro viene aiutato, nessuno si sente più bravo, semplicemente quello che è più avanti da un aiuto sincero e tranquillo all’altro bambino, senza nessuna malizia o strane considerazioni di opportunità.
Per preservare pura e limpida quella esperienza è assolutamente sbagliato insegnare ai bambini a leggere e a scrivere prima del tempo (a meno che il bimbo non abbia attivato questa pulsione da solo) proprio perché ciascuno ha necessità di vivere questo primo momento conoscitivo insieme ai propri compagni in un’esperienza epica. Il gruppo deve poter partire da zero ed arrivare a saper leggere e scrivere! Così è anche negativo accelerare i tempi di crescita, il bambino, anche se fosse più avanti intellettivamente, non ha alcun beneficio dal frequentare la primina, ma deve piuttosto poter continuare a giocare e stare a contatto con la natura.
A scuola, in quelle prime settimane, quando il gruppo diventa coeso, i bambini si rendono perfettamente conto se hanno ricevuto un voto giusto o se qualcuno tra loro ha subito un’ingiustizia. Ma se le ingiustizie avvengono tra loro e al loro livello, saranno le stesse interrelazioni del gruppo a riequilibrarli automaticamente. I bambini si somatizzano e si de-somatizzano in maniera armoniosa e tranquilla, perché in loro non c’è nessuna rivalsa e nessuna rincorsa né alla supremazia, né alla parità. E’ il gioco di mangiare o di essere mangiati, ma una volta lo faccio io e domani lo fai tu, non c’è coscienza e per questo tutto si regola da solo.
Il gruppo vive una specie di forma energetica che è simile a quella dei vasi comunicanti, anche se il recipiente di ciascuno è diverso l’uno dall’altro, l’acqua vitale si posiziona per tutti al medesimo livello. Questo è un miracolo che avviene solo per quelle poche settimane di scoperta epica del mondo della relazione.
Quello che conta è solo l’energia dell’insieme, mentre quella del singolo è ancora poco importante; eppure in quei momenti ogni singolo bambino comincia a prendere una lieve consapevolezza delle differenze tra
- le emozioni che riverberano in lui (che scoprirà poi essere quelle del suo lato materno; sono le emozioni più potenti quelle che si attivano all’improvviso e che non si possono fermare),
- le emozioni che sono state ereditate (che scoprirà molto più tardi essere quelle di suo padre, perché dovranno essere individuate per poi essere accettate o rifiutate)
- ed infine le sue proprie emozioni (quello che scopre esistere nella relazione con gli altri bambini uguali a lui)
Così nasce l’autocoscienza:
- All’inizio vivo l’emozione dentro di me, sono semplicemente agito, sono tutt’uno con mia madre, la sua emozione è la mia emozione non c’è alcuna distinzione
- il secondo livello è quando arrivo alla coscienza: io mi vedo da fuori mentre sono agito dall’emozione, ma io mi guardo senza scompormi. Sono davanti a mio padre mi accorgo di essere altro da lui, le sue modalità di visione del mondo e della vita sono anche le mie, ma questa volta posso sceglierle, accettarle, ma anche rifiutarle.
- Il terzo livello sono io che guardo un altro me, che sta guardando me stesso viversi l’emozione. Questo è il livello dell’autocoscienza, il momento in cui so di sapere, che sono altro da mio padre e da mia madre.
E nelle mie prime relazioni sociali scolastiche decido ciò che sarò nel futuro: un paladino che difende i più deboli, uno con la lacrimuccia facile, una fantastica crocerossina, una vittima, oppure uno che se ne sta per conto suo e non si mischia con gli altri.