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LA SINDROME DELL'EDEN PERDUTO

ven 24 gen 2020
E' la sindrome di quelle persone che tendono a vivere nel ricordo del passato e così facendo bloccano il tempo degli altri. Una disamina sulle conseguenze.
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PERSONE CHE BLOCCANO

IL TEMPO DEGLI ALTRI

E TENDONO A VIVERE

NEL RICORDO DEL PASSATO

Ci sono persone che, non avendo affrontato

e integrato le proprie paure,

preferiscono continuare a vivere nel passato,

facendo di questo la propria dimora

per tutta la loro esistenza.

Sono individui che non essendo capaci

di affrontare quelle paure,

investono la propria vita nel bloccare

lo scorrimento del tempo altrui,

soprattutto delle persone care.

Come puoi riconoscere

questi personaggi?

Loro non parlano mai al presente o del presente;

ma solo di quello che è già accaduto.

Non ti metteranno mai al corrente di quello

che stanno facendo in quell’istante

o delle loro vere intenzioni per il futuro,

non possiedono nessuna capacità di individuare

i loro obiettivi di vita.

Ti parleranno invece degli altri

e degli obiettivi degli altri, così bene

che sembreranno essere i loro.

In ambito lavorativo li riconosci per la loro

cronica incapacità di comunicare

perché si sentono sempre e comunque

superiori agli altri, proprio come un bimbo viziato

che ha sempre ricevuto il consenso dai genitori

e non ha avuto la fortuna

di essere contraddetto o corretto.

La loro non è una superiorità di mera superbia

o di coscienza del proprio valore

(anzi a volte la loro presunta supremazia

va a braccetto con una personale disistima),

anzi la loro spocchia e sufficienza rivela

un comportamento di chi non sa accettare che

il meccanismo dell’infanzia

si sia inceppato definitivamente.

Li puoi anche riconoscere perché

non accettano nessuna gerarchia,

padre e madre sono stati sempre al loro servizio.

Vivendo la loro esistenza rinchiusa nei ricordi,

hanno necessità di possedere

un pacchetto energetico di denaro

depositato in banca che non sarà mai intaccato,

ma solo alimentato.

Questo unico elemento oggettivo

è per loro fonte di autostima che li conferma

e li giustifica del loro vivere nel passato.

Proprio perché sono molto bravi 

ad accumulare il denaro,

giudicano gli altri degli inetti se non posseggono

un tale elemento di sicurezza,

e questo alimenta la loro boria e protervia,

quando si circondano proprio

di persone che hanno problemi con il denaro.

Nella relazione con gli altri il tempo che trascorre

tra un incontro ed il successivo non ha per loro

alcun valore o peso.

Ricominciano il dialogo proprio nel punto

in cui l’hanno lasciato, magari due anni prima,

ricordandosi per filo e per segno tutto quello

che era successo precedentemente.

Questo ha un bell’impatto sul loro interlocutore

perché appare, nella forma,

simile al ricalco psicologico.

Ma la piacevole sensazione ha breve durata,

perché la successiva richiesta

sarà di ordine energetico:

c’è bisogno di emozione per tenere aperto

il teatrino del passato.

Nella descrizione analitica e quasi pedante

di tutto quello che è già successo,

chi vive nel rimpianto di un Eden Perduto,

utilizza solo ricordi mentali,

mai connessi alla pancia

o all’acqua dell’emozione,

ma solo alla memoria secca

del pensiero solidificato.

Tutti i dati e le informazion, che sono

fatti emergere vogliono solo riattivare

nell’altro l’emozione di allora,

per potersene nutrire.

Queste persone hanno tutte

problematiche alla schiena,

colpi della strega, ernie, sciatiche e tutto quanto

riguarda la parte posteriore del corpo

che metaforicamente allude al passato.

Hanno difficoltà ad accettare di invecchiare

o di perdere le proprie funzioni o capacità.

Hanno una capacità di accettazione

e di giustificazione di ogni dipendenza

propria o altrui.

Continuano a dire che è normale

cadere in quello status se non si ha nessuno

che ci aiuta e che ci serve.

C’è una necessità pesante ed impellente

di avere continuamente un materno

ed un paterno che si occupino di loro

sempre e comunque.

Il loro vissuto è sempre immaginato

e rielaborato continuamente,

finché non diventa nel ricordo proprio come

lo avrebbero voluto.

Vivono di quell’immaginario e così coinvolgono

anche gli altri affinché lo alimentino.

Questi, soprattutto se vicini affettivamente,

si lasciano incantare dalla loro parola

e dall’eccesso di dettaglio nei loro punti di ricordo

e spesso non riescono neppure a dubitare

sulla veridicità di ciò che

viene detto e raccontato.

Hanno ragione i loro amici,

in loro non c’è davvero menzogna,

ma totale sincerità nel proprio

perverso autoconvincimento.

Ovviamente qui la sincerità

è lontana mille miglia dalla verità.

Perché si comportano così?

Questi personaggi hanno vissuto un’infanzia

in cui sono stati molto amati,

sia come primogeniti,

sia anche se hanno avuto altri fratelli.

Spesso sono figli unici, ma possono anche

essere gli ultimogeniti di una famiglia numerosa.

Quella bellissima esperienza dell’infanzia

è stata improvvisamente interrotta nella pubertà,

quando è stato loro richiesto di fare

un passo ulteriore ed avviarsi verso la maturità.

Avendo tutta la famiglia che li coccola,

li ama e li sostiene, queste persone

hanno facilmente accesso ad amicizie di bambini

e ragazzi di qualche anno più grandi di loro

con i quali entrano facilmente in contatto

perché da sempre abituati

a relazionarsi con adulti.

Ma quando l’amico più grande sperimenterà

la sua prima esperienza affettiva,

altrettanto velocemente si allontanerà da loro

a causa della maturazione emozionale avvenuta

che renderà palese la differenza di età

non avvertita fin lì.

Con la perdita dell’amico più grande,

entrano in uno stato di profondo sconforto

dove accusano tutto il mondo,

ma soprattutto i propri genitori,

che non li hanno sostenuti e appoggiati

nel delicato momento in cui tutti

dobbiamo maturare accettando il rifiuto.

L’unica soluzione che trovano,

per non affrontare la paura di diventare grandi

(ed accettare il rifiuto dell’altro),

è proprio quella di ritornare ai ricordi dell’infanzia,

dove tutto era come doveva essere

e tutti, genitori e/o fratelli, erano

a sua completa disposizione.

Nella vita incontreranno sempre soggetti

più grandi di età rispetto a loro e faranno fatica

a stare con i propri coetanei.

Pensano di poter gestire un amico

nello stesso modo in cui hanno gestito

padre e madre,

e restano oltremodo delusi quando l’altro

non si farà manipolare e torneranno a casa

con la coda tra le gambe.

E’ qui che si attiva e nasce

la sindrome dell’Eden Perduto,

la memoria di quell’infanzia

che diventerà d’ora in poi

sempre più idealizzata.

I genitori stessi, incapaci di insegnare

al figlio la dura legge del rifiuto

(e cioè che non possiamo piacere a tutti),

accettano di alimentare

il gioco perverso del figlio

e di investire tutta l’energia della famiglia

sull’altare del Ricordo.

Non si farà altro che rimembrare

le gesta epiche del bambino,

scorrere l’album delle fotografie

ed ogni insignificante

e momentaneo personaggio che si è

appena palesato nell’infanzia del figlio,

assumerà nel ricordo una veste particolare

e sarà ipostatizzato nel tempo come

uno ieratico servitore del bimbo prodigio.

Per la gente normale non è pensabile

marcare il ricordo del proprio vissuto

su incontri effimeri e banali

della propria esistenza,

ma le persone che sanno

fermare il tempo degli altri

e vivere nel proprio passato,

lo fanno normalmente

e con estrema dovizia di particolari.

Ogni singolo elemento viene ricordato

nelle minime circostanze,

con una accuratezza descrittiva

estremamente ridondante

che potrebbe far pensare

a un eccesso di vibrazione emozionale;

in verità serve proprio a nascondere

la totale mancanza di sentimento.

Anzi la stessa descrizione viene aumentata

e dilatata proprio per sollecitare

nell’interlocutore del racconto,

in lui sì, la necessaria produzione emozionale.

Energia che serve per mantenere attivo

il canale morto del passato.

E’ interessante notare come simili personaggi

incontrano individui che hanno seri problemi

con il territorio, non hanno una casa

o fuggono dal loro passato,

ono o si sentono falliti

perché non hanno nessun punto di appoggio,

anche se sono dei resilienti naturali.

I nostri eroi senza tempo, invece, si propongono

a loro come delle stampelle di appoggio,

ma in realtà lo fanno per potersi nutrire

della loro elevata energia di resilienza.

Energia che manca ai nostri paurosi della vita

che nulla sanno affrontare

e che tutto destabilizza.

Come possiamo aiutare

queste persone?

Vivere nel passato significa

esistere come un vegetale,

stare alla finestra della vita chiedendo a tutti

l’energia per non viverla!

Occorre riattivare lo scorrimento del tempo

con tutto quello che questo comporta.

Possono essere aiutate solo se chiudono

con il loro passato ed accettano di

fare il lutto del loro bellissimo

e idealizzo paradiso terrestre dell’infanzia

ed accettano che la bellezza di allora

è ancora viva nel loro presente

ed è parte integrante della loro persona.

Devono semplicemente integrare il passato,

piangerlo magari, ma poi rivolgere lo sguardo

e la fronte verso il futuro.

 

The post La sindrome dell’Eden perduto first appeared on Cronogenetica.

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