GENITORIALIZZAZIONE: QUANDO IL FIGLIO DIVENTA IL GENITORE
C’è un momento in cui un bambino smette di essere figlio.
Non perché lo voglia, ma perché qualcuno non ha saputo fare il genitore.
Così si innesca la genitorializzazione:
una inversione di ruolo in cui il bambino si ritrova a
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consolare,
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mediare,
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accudire,
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proteggere
chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui.
Questa dinamica non riguarda solo famiglie gravemente disfunzionali.
È molto più diffusa e sottile.
Basta una madre che si appoggia emotivamente al figlio.
Un padre depresso che lo rende “compagno” delle sue frustrazioni.
Una zia che gli confida troppo.
Un genitore fragile che si sente in colpa e affida al figlio la gestione dell’equilibrio familiare.
In tutti questi casi, il bambino impara a non chiedere.
A non disturbare.
A esserci “per l’altro”.
Diventa affidabile, attento, adulto.
Ma non cresce.
Anche da grande continuerà a cercare relazioni dove essere utile, necessario, indispensabile.
Ma mai amato gratuitamente.
E se avrà figli, potrebbe — senza volerlo —
chiedere loro di “risarcirlo”.
Così la genitorializzazione dell’albero si perpetua.
In Cronogenetica, questa dinamica ha una lettura precisa:
non si tratta solo di un trauma, ma di un blocco sul tempo.
Chi è stato genitorializzato non è mai arrivato alla sua età reale.
È rimasto fermo a quel punto in cui ha dovuto “farsi carico”.
Lavorare con questa ferita significa restituire il tempo rubato,
riconoscere il bisogno legittimo di essere stati figli,
e chiudere il circuito che obbliga i discendenti a ripetere.
Non basta sapere che è successo.
Bisogna rimettere i ruoli a posto.
E solo chi è disposto a ridare al genitore la sua funzione originaria,
può davvero diventare adulto.
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